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Ciao, benvenuta nel mio spazio dove ti dirò CHI SONO e non solo di cosa mi occupo.

Sono Claudia Cinquegrana, sono una biologa nutrizionista e mi occupo di nutrizione da molti anni (oltre un decennio, quasi 15 anni ad onor del vero); sono più di 1200 le persone che ho avuto il piacere di conoscere e di accompagnare per un periodo della loro e della mia vita.   

Ti ho detto che sono una nutrizionista e non che faccio la nutrizionista perché il mio lavoro non è stata una scelta dettata dagli studi, ma una necessità, oserei dire quasi una vocazione.

Perché? Per aiutare “altre me del passato“, per aiutarti offrendoti una nuova visione, una reale promessa, un duraturo cambiamento e una trasformazione che sia il più naturale possibile.

Ma per farti comprendere le radici di questo mio “lavoro” dobbiamo andare indietro nel tempo, e tornare nel mio passato.

Si ti parlo di me, di quello che è il mio trascorso con  problemi di peso, ti parlo della mia lotta con la bilancia, aggravata anche dal disagio di una fastidiosa quanto complessa intolleranza al lattosio.

La me del passato
Sono sempre stata una bimba tonda, paffuta, goffa.
Mi chiamavano Cicciottella, molti non la ricorderanno, era la protagonista della canzone di Loretta Goggi, era una bambina buffa, quella fatta a forma di bignè. Il ritornello ripeteva 

Cicciottella è una bambina fatta a forma di bignè che non può diventare un grissino più magro di te… tiè!

Ero cicciottella, ma non a casa, a casa non ero neanche grassa, ero la patata di papà e questo mi andava bene.
Fuori casa però non era così. Alle superiori ho retto per un po’ il continuo confronto con i “grissini”, ma poi non ce l’ho più fatta e intorno ai 17 anni mi sono resa conto che avevo un problema con il cibo, quel cibo che mi serviva per riempire il vuoto della solitudine, dell’essere sempre esclusa, la diversa quella intelligente e carina di viso, MA grassa.
E così presi il coraggio a due mani e cercai un dietologo che potesse aiutarmi, quello che potesse omologarmi agli standard delle mie coetanee.
Scelsi quello più gettonato, quello più alla moda, insomma quello che “si portava”.
Presi appuntamento alzando la cornetta come pesasse un quintale e con la voce timida chiesi alla segretaria di fissarmi un appuntamento.
Il giorno del supplizio arrivò presto. Sotto a quel portone bussai e la segretaria gracchiò dal citofono che era al terzo piano, interno 9 e che l’ascensore era rotto.
Ogni rampa di scale mi sembrava infinita, raggiunsi finalmente la soglia dove c’era quello che pensavo essere il mio salvatore, il quale però mi accolse dicendomi:
” vedi che affanno che hai, se non fossi così grassa…”
 Non ci potevo credere, anche lui. Quello che doveva aiutarmi.
Feci finta di nulla con un sorriso falso almeno quanto i soldi del monopoli ed entrai in quella stanza.
Era buia, serranda abbassata fino in terra, una fioca luce dalla scrivania illuminava la stanza. Un indescrivibile tanfo di fumo e lì nell’angolo uno strumento che evitavo da anni, la bilancia.
Ricordo come l’avessi ora davanti a me quella bilancia: pedana nera, numeri sparsi che non comprendevo.
” Sali” mi ordinò il dottore che iniziò a maneggiare quei pesi che andavano avanti e indietro e più salivano più il viso del dietologo si corrucciava.

Contemporaneamente saliva anche la mia pressione, il cuore a tamburo e non certo per una bella emozione.
 
A supplizio avvenuto, a peso noto (sei 100kg ragazzina!) e a visita finita, iniziai la dieta (tutti la chiamavano la dieta del panino e a dire il vero a distanza di 30 anni è ancora così) o meglio un foglio con uno schema da seguire, che avevo già avuto modo di spiare dal mio fidanzato di allora che aveva già seguito una dieta con lui. 
Eh sì, perché era un prestampato sia che avessi 17 anni come me, sia che ne avessi 20 e fossi maschio, con delle correzioni a penna secondo il caso, più o meno frequenti.
 
4 mesi di sacrificio, di continuo stomaco che brontola e di gente soddisfatta che mi diceva “finalmente ti sei decisa”. Ma il fallimento era lì dietro l’angolo.
Persi molti chili in poco tempo, ma quelli persi velocemente, si sa, sono a rischio ritorno con “cazzimma”, perché non si può non mangiare a vita e mandare all’aria la convivialità, le uscite con gli amici, il semplice gusto di una pizza o una cenetta romantica. 

In più alcune cose avevano iniziato a farmi male, non un male immaginario ma un male fisico importante. 

Nei panini c’era sempre formaggio, ora la mozzarella (20g), ora la ricotta (50g); come unica colazione mi aveva dato latte e biscotti, nonostante gli avessi raccontato che già a pochi mesi dalla mia nascita il latte mi dava fastidio tanto che mia mamma lo aveva sospeso. 

Per spuntino lo yogurt. 

In conclusione iniziai a saltare un po’ di pasti visto che avevo un continuo senso di gonfiore, pur perdendo peso; spesso dopo aver bevuto il latte (quando proprio non potevo farne a meno), mi saliva una forte nausea, che frequentemente sfociava anche con una terribile diarrea.

Per non parlare poi dei continui mal di testa, che avevo associato a problemi di vista, ma che invece ho scoperto poi, dipendevano dalla mia intolleranza.

Rush cutanei, si quelle inspiegabili bollicine che comparivano all’improvviso e ovviamente sempre nei momenti meno opportuni!

Le persone intorno a me pensavano fossi capricciosa, che oramai mi ero scocciata di fare quella dieta e che cercavo una scusa per interrompere. 
E sai com’è a furia di sentirti dire delle cose alla fine cedi e con la psiche a pezzi ci sono ricaduta.

Tutti quei bei vestitini e quelle gonnelline alla moda che avevo comprato perdendo peso, iniziavano prima ad essere aderenti, poi ad andare strette e infine a non chiudersi più.
Ho ripreso peso con gli interessi, stavolta la cifra tonda era stata superata.
Ero sempre più a disagio sia per il peso sia per i fastidi che erano peggiorati ancora di più, adesso si erano aggiunti dolori lancinanti allo stomaco, crampi, meteorismo, insomma un disastro.
Stare in pizzeria con gli amici, mangiare un gelato o semplicemente bere qualcosa di freddo mi provocava reazioni violente. Dovevo fare qualcosa.
 
Mi sono messa all’opera e ho cercato uno specialista, qualcuno che comprendesse, che capisse. Mi sono imbattuta in una biologa nutrizionista.
La prima visita con questa dottoressa è stata assolutamente diversa dalla precedente. 
Mi ha chiesto di me, della mia vita, di cosa facessi, se gradivo o meno qualche cibo, se avessi dei fastidi particolari, se facessi sport. 
Insomma una “chiacchierata” di 40 minuti in cui mi sono sciolta, non mi sono sentita giudicata ma apprezzata e capita.
Questa volta salire sulla bilancia non mi aveva provocato picco di pressione e aumento del battito cardiaco con annesso cuore in gola, anzi, al sorriso della dottoressa che mi disse di scendere e rivestirmi, mi sentii sollevata. 
 Non c’era una scure pronta a decapitarmi, ma una maniglia alla quale appigliarmi per poter risalire.
 Nonostante la distanza (lo studio distava 20 km da casa) ero contenta della scelta fatta, e lo sarei stata ancora di più.
 Mi disse che sarei dovuta tornare 10 giorni dopo per ritirare la dieta. 
Rimasi stupita e dissi fra me e me: deve stampare un foglio! Del resto così era successo in precedenza.
Quando sono tornata ho capito che il tempo era necessario per cucire quel piano alimentare su di me, assecondando i miei gusti, la mia onnipresente intolleranza, le mie esigenze di giovane studentessa universitaria. 
 Ah già, perché nel frattempo mi ero iscritta a scienze biologiche e da quel momento in poi sapevo che mi sarei interessata dell’alimentazione e del cibo in tutte le sue sfaccettature. 

 

La me di oggi
 
Volevo riuscire ad aiutare chi come me soffriva a trovare uno spiraglio; volevo che la mia storia potesse risollevare altre persone. 
Volevo rendere il mio problema un punto di forza, diventare una biologa nutrizionista che comprendesse, capisse, non giudicasse era diventata una voglia impellente.
Volevo essere una mano tesa per le persone che si sarebbero rivolte a me, e mai un giudice in camice bianco, motivo per cui non lo indosso da tempi immemori,
Sì, lo volevo…
Così, conseguita la laurea con lode, ho aperto lo studio di nutrizione AlBeS (Alimentazione Benessere Salute) nel 2009 iniziando a provare su di me quello che poi sarebbe diventato il mio metodo.
Per cui eccomi oggi a distanza di molti anni, di esperienze positive e negative, di cadute e di rinascite, di soddisfazioni e gioie, a gestire Studio AlBeS in un settore che mi piace molto ovvero l’alimentazione intesa come nutrizione di precisione
Dedicata a chi, ahimè soprattutto donne, spesso si trova a combattere con fastidi, dolori, disagi che vengono racchiusi in una frase che detesto ovvero: “è tutto nella tua testa”
Dedicata a chi combatte con il proprio aspetto, il peso, la bilancia, il pregiudizio, le paure del fallimento, senza riuscire a trovare una soluzione definitiva, e che invece è qui che ti aspetta, proprio qui. 

Dedicata a chi ne ha provate tante e non ne può più dei fallimenti e del senso di frustrazione che ne deriva.

Dedicata a te
 
Per questo ti invito a proseguire e iniziare questo viaggio con me, ti basta cliccare qui sotto e iniziare un viaggio nel mio mondo.